domenica 11 agosto 2013

Li chiamavano fascisti

Quando sento parlare a sproposito di fascismo mi pervade un fremito di fastidio irrefrenabile.
Mi spiego. Odio il fascismo con tutto me stesso. Sono convinto che non ci sia nulla da salvare del fascismo: nulla. Quando qualcuno mi dice: "Però il duce ci ha dato l'orgoglio di essere italiani, ci faceva vivere nella sicurezza, ha bonificato la Pianura Pontina", rispondo che ci ha fatto vergognare di essere italiani, che ci faceva vivere nel terrore e che le bonifiche sono state realizzate solo per il 10%. E cito anche Arrigo Serpieri, il responsabile del programma delle bonifiche, così zittisco chi crede che inventi numeri, oltre a citare Giorgio Candeloro, storico gramsciano che ha dedicato un ampio studio all'argomento.

Medina di Tunisi

"Questo è un governo fascista". Così ci dicono alcuni degli italiani di Tunisia che abbiamo intervistato in questi giorni. E associano all'affermazione una certa paura che i salafistes, i barbuti, incutono loro.
Ne abbiamo incontrati di barbuti in giro: tunica bianca, barba lunga, a volte un copricapo simile a una papalina (che blasfemia!)
Qualcuno ci racconta che ha sentito dire di salafistes che picchiano donne in bikini sulla spiaggia, che derubano i passanti di sera. Sarà il caso, ma non siamo mai incorsi in pericoli di questo tipo.
L'anno scorso sul treno per Hammamet abbiamo fatto il viaggio con un salafiste. E' stato tutto il tempo a parlare tramite Skype con un amico: nessun atto di intemperanza nei nostri confronti.

Avenue de France

Occorrerebbe intanto indagare il legame tra Ennahda, partito al governo, e quelli che vengono chiamati salafistes. Non è chiaro quale sia. Qualcuno teme siano il loro braccio armato (come i gesuiti nella Controriforma). A ogni modo sappiano bene che pure tra i sostenitori del Pdl c'è più di un nostalgico fascista.
Ecco, torniamo al fascismo. Lo odio, dicevo. Per questo mi dà fastidio quando non lo si riconosce.

Traffico lungo l'avenue Bourguiba a Tunisi

Il presidente dell'Assemblea costituente tunisina ha bloccato i lavori il 6 agosto, convinto dai reiterati sit-in al Bardo attuati dai manifestanti dell'opposizione laica. E il giorno dopo Ennahda ha dichiarato di accettare lo stop dell'assemblea. Un governo fascista avrebbe agito allo stesso modo? O forse non avrebbe bastonato tutti, disperdendo la folla, incarcerando? D'altra parte i sit-in stanno proseguendo quotidianamente: la polizia non ha mostrato alcun atto repressivo, dopo i fatti del primo giorno.

Tornando un po' indietro: l'Assemblea costituente è formata da 217 deputati, di cui 49 donne, sia di Ennahda che dei partiti dell'opposizione. Dopo i primi giorni di protesta al Bardo, si è arrivati a ben 72 deputati dell'Assemblea costituente che si sono dimessi. Alcuni, tra cui il ministro dell'istruzione, lo hanno fatto subito dopo l'assassinio di Brahmi.

Su un muro al Bardo

Ora, addirittura non occorre parlare di fascismo ma basta fermarsi a una certa moderna italianità: quando mai ci si dimette, nelle istituzioni italiane? E per atto di solidarietà, poi! E il partito che si sarebbe trovato al posto di Ennahda, anziché accettare di bloccare i lavori, non si sarebbe forse fregato le mani, profittando di monopolizzare l'Assemblea e di creare una Costituzione ad personam? Per di più, affermando di farlo per "atto di responsabilità verso il popolo"?

Dovremmo capire, tutti - tunisini, italiani, italiani di Tunisia - che il fascismo è più vicino ai precedenti presidenti (non a caso si parlava di regimi!), che hanno azzerato tutti gli altri partiti, utilizzato mezzi di controllo informatici e telematici, portato le classi popolari alla fame, immesso spie governative tra i tassisti - che cercavano di far parlare i clienti della situazione tunisina, registrando le loro voci -, favorito il clientelismo.


p.s.: per chi si sta chiedendo: "Che c'entrano le foto?", la risposta è duplice. 
      1) Tunisi non è l'Inferno dei salafistes, ma un posto dove la gente gira per strada, compra, 
           chiacchiera;
      2) per ogni persona che manifesta, cento sono a spasso, ripiegate su se stesse, prive di 
           ambizioni sociopolitche; pensando al vestito da indossare all'Aid. A salvaguardare il 
           proprio piccolo orticello.
           Questo è un principio che non pare avere confini geopolitici. Anche quando all'Aid si 
           sostituisce la partita dell'Inter o della Roma. 



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