martedì 30 luglio 2013

Novantacinque ma non li dimostra

L'atmosfera di lutto e paura che ha caratterizzato queste ultime giornate - il Corriere di Tunisi segue costantemente la progressione degli eventi - mi aveva fatto piombare in una condizione di mestizia in cui la pigra lettura di Mestieri e Professioni degli italiani di Tunisia ha rappresentato l'unico contatto con la nostra ricerca sulla comunità italiana.

Finalmente da oggi siamo tornati a fare quello che più mi piace: la ricerca sul campo. La mattinata è iniziata con telefonate su telefonate per ottenere un appuntamento con qualche italiano che accettasse di farsi intervistare. Dopo un po' di tentativi andati a vuoto chiamo la signora Silvia Granara. "Guardi, ho 95 anni, ora sto per uscire...", ero già pronto a un rifiuto secco. "Ma se venite oggi alle sei di pomeriggio vi concedo un quarto d'ora. Non di più, sono vecchia e stanca". Quindici minuti sono meglio che nulla, abbiamo pensato. E poi eravamo parecchio incuriositi da quest'anziana signora, testimone di un mondo che non c'è più.

Il palazzo in cui abita Silvia Granara

Novantacinque anni, ma non li dimostra proprio. La signora Silvia, ironica, disponibile, incredibilmente lucida, ci ha parlato della sua vita, di essere l'unica italiana della famiglia Granara - "gli altri si sono fatti tutti francesi" - del suo fidanzato che, quando lei aveva 22 anni, tornato dalla Seconda guerra, è morto dopo due settimane. "Poi mi sono innamorata, sì, come tutti, ma non mi sono mai sposata".

I problemi degli anziani italiani sono risaputi: abbandono, solitudine, giornate e giornate senza parlare con nessuno. Tutto questo si acuisce profondamente per una donna di 95 anni, nubile, che non ha più parenti in Tunisia, emigrati dagli anni Sessanta in parte in Francia e in parte in Italia. E le cui amicizie, come lei stessa dice, "sono andate via prima di me".
Quando ci saluta, ci mostra la foto di due nipoti. Sono belli, biondi e atletici. "Ora hanno settantacinque anni". Già, i conti tornano, avendone la zia venti più di loro.

La famiglia Granara 

Usciamo. Per le strade di Tunisi - siamo nella Piccola Sicilia - la gente si prepara per l'iftar. C'è un gran via vai di gente. Uomini. e donne si dirigono verso casa, portando con sé un imprecisato numero di baguettes, trascinando i piedi sui marciapiedi polverosi. Qualcuno è già seduto ai tavolini dei caffè, in attesa dell'ora della rottura del digiuno. Chissà quanti di loro sapranno che un tempo quelle stesse strade erano abitate da siciliani, immiseriti, poveri e analfabeti? 

Guardo verso l'alto. Alcuni palazzi sono molto belli. Tunisi ha uno strano fascino, un odore che è un miscuglio di benzina e harissa. L'avverto intimamente come quella sensazione di essere a casa propria. Questa donna di 95 anni mi lascia un'interiore serenità d'animo. Però subito penso che al suo posto temerei di morire senza che nessuno possa accorgersene.

venerdì 26 luglio 2013

Hanno ammazzato Mohamed Brahmi



Mohamed Brahmi, 57 anni, uomo politico dell’opposizione laica, deputato dell'Assemblea costituente, leader del Movimento del Popolo e da poco coordinatore generale del nuovo partito Corrente Popolare: non saprei nulla di tutto ciò se ieri mattina, proprio nel giorno di anniversario della repubblica tunisina, non fosse stato assassinato brutalmente, davanti all’abitazione in cui viveva con moglie e figli, ad Ariana. Il ricordo non può non andare al leader laico Belaid, ucciso in modo analogo a febbraio. Domani ci saranno i funerali: Brahmi sarà sepolto proprio accanto a Belaid.


Mohamed Brahmi

Non appena la notizia si diffonde, iniziano le proteste in varie parti della Tunisia. Soprattutto lungo l’avenue Bourguiba a Tunisi, nello specifico nei pressi della sede del Ministero dell’Interno. Oggi è stato proclamato lo sciopero generale. Sono previste altre manifestazioni. L’ambasciata d’Italia con un comunicato avverte gli italiani di fare attenzione, soprattutto per chi si reca a Tunisi. 

Una brutta storia. I tunisini fautori nella democrazia si sentono abbacchiati, frustrati. Per non dire sconfitti. Ho sentito Ahmed, non ci vedevamo da aprile. Appena risponde al telefono: «Sono triste, hai visto cosa è successo?» Qualche italiano di Tunisia, memore di dittature più o meno antiche, parla di «nuovo fascismo degli islamisti». La situazione è confusa, molti credono che dietro l'assassinio ci sia Ennahda, che però ha subito inviato una comunicazione per condannare l'omicidio. E pensare che meno di una settimana fa abbiamo intervistato i responsabili della moschea Al Huda di Roma, tunisini di Ennahda, sfuggiti alle persecuzioni di Ben Alì. 


L’atmosfera sociopolitica post-attentato mi pervade in una sensazione di partecipazione, con un po’ di rassegnazione e molto rispetto. Mi sento vicino a tutti coloro che provano sdegno per questo vergognoso omicidio. Passeggiamo per il Kram, dove negozi chiusi si alternano ad altri aperti. Mi viene in mente che spesso perdiamo il senso della parola democrazia: governo del popolo, sì, ma forse soprattutto libertà di espressione senza correre il rischio di morire per esprimere idee contrarie a chi comanda.

Manifestazione a Tunisi

E un po' di pensieri mi assalgono. Innanzitutto un racconto di Wafé dell'anno scorso. Ci aveva detto che con Ben Alì le arrivavano mail di minacce quando, in messaggi privati su Facebook o anche solo per posta elettronica, accennava a cattivi pensieri sul dittatore. 
Quindi mi tornano alla mente le opinioni di alcuni italiani di Tunisi: «Con Ben Alì stavamo bene, c'era sicurezza. E poi i tunisini hanno bisogno di una guida, non sono capaci di gestirsi se non vengono comandati.» Non posso poi evitare di immaginare alcune delle persone che abbiamo incontrato sull’aereo un paio di giorni fa: nei loro villaggi a Hammamet, impegnati in attività esotiche come mangiare la pasta, bere birra, fare parole crociate, immergersi in piscina, ballare in discoteca, quanto sarà viva  la notizia dell'omicidio? 

Ultima considerazione: la stampa e l'opinione pubblica italiane. Sui siti web dei quotidiani nazionali, tra polemiche di una politica sempre più grottesca, omicidi in cui muore qualcuno di cui tutti parlano di un "bravo ragazzo", senzaparticolari problemi e l'immancabile allarme per il caldo record (con tanto di decalogo per sopravvivere all'afa) fa capolino, la grave notizia. Che però viene presentata o peggiorando ulteriormente la realtà, oppure infarcendo con tante imprecisioni, alcune frutto di malafede. Tornano così di moda i famosi, pericolosissimi salafiti. Non si capisce bene se sarebbero il braccio armato di Ennahda, una cellula di al Qaeda, dei mercenari al soldo del Qatar. Pazienza se in Tunisia non abbiano affatto seguito. Giornalisti che non si saranno mai recati in Nord Africa in vita loro (o forse mi sbaglio, magari avranno visto Sharm el Sheikh e le piramidi) si lanciano in parallelismi ridicoli tra Egitto e Tunisia. 
Per quanto concerne il sondare l'opinione pubblica, con un certo masochismo mi costringo a leggere i commenti che i lettori lasciano in calce all'articolo su Repubblica inerente l'omicidio di Brahmi. Ebbene, ecco una summa esemplificativa (gli eventuali strafalcioni fanno parte integrante del discorso):

rramella 6 ore fa
Per chi dice che l’islam è una religione di pace: meditate, quanti crimini sono commessi in nome dell’islam? Contro i popoli, contro le donne, contro gli atei ed i religiosi di ogni fede (cristiani, ebrei, induisti, buddisti etc); islam pace e democrazia sono parole che difficilmente stanno insieme

abusoni 6 ore fa
Con Ben Alì era un paese laico e filo occidentale. Poi la demenza americana ha favorito il colpo di statp integralista e questi sono i risultati. Gli USA sono una grande disgrazia

gabricose 6 ore fa
Ci risiamo l’islamismo piaga mondiale, viola costantemente i diritti umani, i governi islamici sono una vera minaccia per la pace nel mondo.
La primavera araba è diventata la negazione e l’inverno arabo, dove tutto è stato calpestato da chi, che per governare hanno approfittato dell’islam e la demagogia


er chi dice che l'islam è una religione di pace: meditate, quanti crimini sono commessi in nome dell'islam? contro i popoli, contro le donne donne, contro gli atei ed i religiosi di ogni fede (cristiani, ebrei, induisti, buddisti etc); islam pace e democrazia sono parole che difficilmente stanno insiemerramella

giovedì 25 luglio 2013

Kram


Di nuovo al Kram. Quello che mi piace di questo piccolo sobborgo sulla costa è che non ha niente di turistico. È molto popoloso, pieno di persone che affollano le strade, ragazzi e bambini che nei pomeriggi di Ramadan si dirigono verso la spiaggia. Le strade polverose sono prese d’assalto dalle vecchie auto, che suonano con impazienza a ogni rallentamento, mentre i pedoni attraversano dappertutto, senza fare caso a esse.

una parte del Kram vista dalla spiaggia

Era un quartiere italiano il Kram: questo ci raccontano i vecchi italiani di Tunisia. E di fatti passeggiando per le sue stradine si scorgono alcune villette, per lo più bianche con porte e infissi azzurri, che ancora recano nomi italiani, come La Rondinella. Ma l’urbanistica rivela altri segni dell’antica presenza italiana, soprattutto siciliana: quella delle case basse, bianche, con inferriate stile liberty, che ormai si alternano a palazzetti di due, tre piani, bianchi anch’essi o di un colore beige chiaro, ad alcune costruzioni più o meno diroccate eppure abitate, a vecchie ville maestose ma abbandonate, a palazzoni popolari dalle facciate anonime, a nuove costruzioni iniziate da parenti e amici di Ben Alì, che solo la rivoluzione ha evitato che deturpassero tutto il paesaggio.

il cancello della villa La Rondinella

Il Monoprix rappresenta una certa modernità: un supermercato che è aperto dalle 8.30 alle 21 con orario continuato. Il vecchio mercato, umido e grigiastro, dove i gattini strisciano tra le gambe degli acquirenti e i venditori inventano prezzi arbitrari con bilance di dubbia precisione, barcamenandosi tra insalata, peperoni, pomodori, ci riporta subito a una dimensione più tipicamente immaginata. Ma dura poco: oltre le bancarelle di sigarette, le panetterie e le patisseries dai profumi inebrianti, i fruttivendoli agli angoli delle vie, le moschee dai minareti alti, a sezione quadrata, si contano almeno quattro banche sulla strada principale, tra cui la famosa Zitouna, che apparteneva a un cognato di Ben Alì e che è poi stata nazionalizzata.

spiaggia al Kram


Sulla spiaggia colpisce la semplicità della gente, oltre a una certa variabilità. 
Semplicità, perché la maggior parte delle persone scende in spiaggia senza null’altro che un asciugamano. I genitori lasciano i tanti bambini in libertà, evitando eccessivi controlli. I fanciulli si divertono con poco: acqua e sabbia. Niente secchielli, palette, figurarsi videogiochi, tablet o telefoni. Il massimo del lusso se lo concede qualche ragazzo che osa con un pallone o racchettoni. Variabilità: uomini panciuti in bermudoni e ragazzi tatuati con taglio di capelli all’ultima moda; ragazze in costume e donne che fanno il bagno completamente vestite; veli più graziosi – i tipici safseri – e nijab neri, sino ai discussi burqa. 

un palazzo in costruzione al Kram, in parte abitato

martedì 23 luglio 2013

Ritorni


I ritorni hanno sempre qualcosa di affascinante, ma anche di tremendamente triste. Si rischia di vivere di ricordi, di paragonare le emozioni con quelle della "prima volta", quelle di una scoperta totale. Nulla di più sbagliato.

la stazione del trenino TGM al Kram

Al diavolo la malinconia: domani si parte. Si "ritorna". Più di un mese al Kram, alle porte di Tunisi, sulla spiaggia semivuota, di tanto in tanto sferzata dalle corse di un bambino seminudo e dai lenti passi di una mamma troppo coperta. Si ritorna a parlare con gli italiani di Tunisi, a mescolarci con l'atmosfera indescrivibile che questi connazionali dell'altra sponda del Mediterraneo sanno trasmettere. Con le loro parole che dall'italiano si tramutano in francesi passando per l'arabo. Soprattutto con quella cadenza quasi musicale delle loro frasi, qualsiasi sia la lingua in cui si esprimono. Con la loro gestualità, che abbiamo ritrovato due sere fa alla moschea di Centocelle tra i perseguitati da Ben Alì.

Occorre "saper ritornare". Essere in grado di adattarsi a nuovi ambienti pone limiti di capacità, ma riadattarsi a luoghi già conosciuti a volte può essere più difficile. La consapevolezza che nulla è come era, che tutto muta e si trasforma saprà aiutarci.